Fair Play Lo sport ha un ruolo importante in qualsiasi contesto venga praticato, nelle grandi e piccole comunità; cominciando dalle partite e dai tornei amatoriali (organizzati per piacere e per distrazione), per finire ai campionati ufficiali e alle federazioni, tutti indistintamente, attraverso la pratica della disciplina sportiva, partecipano, giocano, si allenano e apprendono. Bisogna essere sereni di fronte alla sconfitta, nessuno è capace di vincere sempre. Talvolta si vince, altre volte si perde, ma quando si perde bisogna mantenere la propria dignità. I valori dello sport vengono rispettati attraverso giusti comportamenti, al fine di ricercare la vittoria tramite un confronto leale con gli avversari: è proprio questa l’etica sportiva attraverso la quale si apprende il rispetto verso gli altri. L’essere antisportivo altro non fa che assicurarsi, nella maggior parte dei casi, la vittoria in modo sleale penalizzando in maniera compromettente l’avversario. Non bisogna accusare nessuno delle proprie sconfitte. La lealtà nello sport prende il nome di fair play: è benefica per l'individuo, per le organizzazioni sportive e per la società nel suo complesso. Va ricordato, infatti, come gli atleti, in particolare quelli che praticano l’attività sportiva ai più alti livelli, rappresentino per molti giovani dei modelli di riferimento ed abbiano, dunque, una grande responsabilità nei loro confronti. Loro per primi devono fornire sani modelli comportamentali e metterli in pratica durante lo svolgimento dell’attività sportiva, senza lasciarsi andare a gesti ed atteggiamenti poco rispettosi nei confronti degli avversari, degli arbitri, dei compagni, della società, perché si potrebbe correre il rischio di trasmettere ai bambini atteggiamenti negativi che quest’ultimi potrebbero reiterare a loro volta, legittimati dal fatto che gli amati idoli li abbiano adottati in campo.                        Ma quindi, cosa intendiamo per Fair Play? Fair play è un’espressione che significa gioco leale. Non si tratta di una regola scritta, bensì di un comportamento eticamente corretto da adottare nella pratica delle diverse discipline sportive. Le prime regole del fair play si sono elaborate nella società aristocratica inglese e non rispettarle significava essere immeritevole di praticare uno sport. Se non si accettavano le regole e i principi del gioco, in nome della vittoria a tutti i costi, si era considerati indegni, disonesti e si era disprezzati profondamente. Fair play significa rispettare le regole e l'avversario, accettare e riconoscere i propri limiti, sapere che i risultati sportivi ottenuti sono correlati all'impegno profuso e che, quindi, lo sport non è altro che una straordinaria occasione formativa di partecipazione e di assunzione di responsabilità. Il Fair Play è lotta all'inganno, alla violenza fisica e verbale, allo sfruttamento e alla corruzione. Lo sport praticato con fair play offre agli individui l'opportunità di conoscere meglio se stessi; di fissare e di raggiungere, attraverso la perseveranza e il sacrificio, gli obiettivi desiderati; di ottenere successi personali; di acquisire e migliorare le proprie capacità tecniche e dimostrare abilità; di interagire socialmente, divertirsi e raggiungere un buono stato di salute.                              Nel 1975 il C.I.F.P. (Comitato Internazionale Fair Play) pubblicò “La Carta del Fair Play”, un documento che racchiudeva i concetti fondamentali del fair play. Questo documento rappresenta i nobili principi a cui chiunque pratichi lo sport dovrebbe ispirarsi. Qui di seguito, i dieci punti su cui esso si fonda. - Fare di ogni incontro sportivo, indipendentemente dalla posta in gioco e dall’importanza della competizione, un momento privilegiato, una specie di festa. - Conformarmi alle regole e allo spirito dello sport praticato. - Rispettare i miei avversari come me stesso. - Accettare le decisioni degli arbitri o dei giudici sportivi, sapendo che, come me, hanno diritto all'errore, ma fanno tutto il possibile per non commetterlo. - Evitare le cattiverie e le aggressioni nei miei atti, e mie parole o miei scritti. - Non usare artifici o inganni per ottenere il successo. - Rimanere degno della vittoria, così come nella sconfitta. - Aiutare chiunque con la mia presenza, la mia esperienza e la mia comprensione. - Portare aiuto a ogni sportivo ferito o la cui vita sia in pericolo. - Essere un vero ambasciatore dello sport, aiutando a far rispettare intorno a me i principi suddetti. Se tutti noi, chi nel proprio ruolo (atleti, tecnici, dirigenti e tifosi) seguissimo questi 10 punti, renderemmo di certo lo sport più sano e bello e i bambini che si apprestano ad iniziare un’attività sportiva inizierebbero un cammino più sereno ed educativo rispetto a quanto non ci sia adesso. Bisogna, quindi, sostenere il fair play, perché chi gioca lealmente è sempre vincitore. L' ETICA NELLO SPORT E’ importante chiedersi quali sono i valori e gli ideali che dovrebbero animare lo sport e su quali principi fondare le regole. Non è semplice, perché la competizione sportiva, in quanti tale, ha regole proprie, e il termine stesso “competizione” significa gareggiare, confrontarsi e misurarsi con gli altri, per cui rispetto “si” dell’avversario ma riuscire a vincerlo e superarlo sempre nel rispetto di un etica sportiva. Beppe Bergomi, grande difensore dell’Inter ha dichiarato: “i nemici del calcio sono tanti: il male peggiore, il più pericoloso è la mancanza di una cultura della sconfitta. Il mondo che gira attorno al calcio rischia di soffocare questo gioco” La nuova etica dello sport tende a dare delle risposte concrete ad un quesito fondamentale: “Perché vivere correttamente il mondo sportivo piuttosto che scorrettamente?” Ci sono varie risposte al riguardo: • Gioco correttamente perché il gioco mi porta benefici di tipo materiale ( utilitarismo); • Gioco correttamente perché ho accettato le regole già esistenti ( tradizionalismo); • Gioco correttamente perché ho scelto io con il mio gruppo le regole e per questo le devo rispettare ( contrattualismo ); • Gioco correttamente perché solo attraverso di esso perfeziono il mio essere ( concezione etico – sociale ). Per cui concludendo l’etica dovrebbe aver un ruolo guida nella società e in questo caso anche nello sport. Non è sempre facile stabilire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ma è importante provarci, essere in buona fede, cercare di raggiungere l’obbiettivo ed il risultato finale attraverso il rispetto delle regole evitando l’utilizzo di pratiche e comportamenti illegali (doping, violenza verbale e fisica, scorrettezze, razzismo in campo e sugli spalti, ecc. ) puntando invece al raggiungimento di quella regola non scritta dettata da un codice d’onore chiamata “FAIR PLAY”. REGOLE DEL FAIR PLAY: 1. Giocare per divertirsi. 2. Giocare con lealtà. 3. Attenersi alle regole del gioco. 4. Portare rispetto ai compagni di squadra, agli avversari, agli arbitri e agli spettatori. 5. Accettare la sconfitta con dignità. 6. Rifiutare la corruzione, il doping, il razzismo, la violenza e qualsiasi cosa possa arrecare danno allo sport. 7. Fare tante partite per donare l'incasso a coloro che ne hanno bisogno. 8. Aiutare gli altri a resistere ai tentativi di corruzione. 9. Denunciare coloro che tentano di screditare lo sport. 10. Onorare coloro che difendono la buona reputazione dello sport. Quindi a chi tocca? Tocca agli adulti, a chi è disposto ad impegnarsi in prima persona, diventare testimoni credibili, controcorrente, infaticabili nel cercare stili di vita alternativi all’illegalità, intravedere nuovi percorsi, strategie, metodi, didattiche nuove e corrette. Bisogna cercare di mostrare ai giovani valori e comportamenti positivi, proporre modelli impegnativi ma gratificanti e raggiungibili, e far capire loro che solo attraverso il lavoro continuo e costante si possono raggiungere. Tocca agli educatori, genitori, insegnanti, allenatori, molti dei quali nel quotidiano senza riflettori fanno intravedere ai ragazzi l’altra faccia dello sport: impegno, disciplina, rigore, finalizzati a dare il meglio di sé; capacità di cooperare, competizione regolata e leale che mai considera l’avversario come nemico con la capacità di accettare la sconfitta e da essa ripartire per migliorarsi.